Il sistema delle garanzie fa da trampolino alle imprese

Il sistema delle garanzie fa da trampolino alle imprese

La garanzia sui crediti bancari di imprese ma anche di organizzazioni di terzo settore, non rappresenta un argomento “cool” in ambito bancario. Anche nello scenario pandemico ad alimentare il mercato e la narrazione dell’industria finanziaria sembrano essere altri ambiti e strumenti come il venture capital che finanzia startup, l’equity crowdfunding che cattura investitori “dal basso” e, non da ultimo, gli investimenti green e a impatto sociale.

Gli strumenti di garanzia sembrano invece essere una misura figlia di un periodo “straordinario” ma anche transitorio come quello che stiamo vivendo. Una coperta che viene stesa in modo indifferenziato su tutto il sistema economico, o su ampie parti di esso, magari col rischio di nascondere la presenza di imprese “zombie” che approfittano di questi strumenti per non svelare il loro stato di difficoltà. Oppure una misura che vale anche (se non soprattutto) per il sistema bancario che così può continuare a impiegare “a cuor leggero” potendo contare su un garante di ultima istanza, spesso rappresentato dallo Stato o da altre istituzioni pubbliche.

In realtà, pur considerando alcuni di questi rischi, le garanzie sui crediti e il loro sistema di gestione rappresentano qualcosa in più di una tipica misura da “temporary framework” costituendo invece un più profondo segno dei tempi che stanno cambiando, anche per il sistema finanziario nel suo complesso.

Un primo importante elemento di cambiamento riguarda, prima ancora che le tecnicalità, l’orientamento strategico e in senso lato culturale di questo strumento. Dopo decenni dove la finanza ha coltivato in via prevalente un approccio di cherry picking volto cioè a individuare eccellenze in termini di innovazione e di redditività, ora si tratta di mettere in sicurezza e rilanciare ampie platee di imprese e di organizzazioni che si situano in gran parte nella fascia intermedia del rating creditizio. Una modalità di azione che non ha solo finalità di salvataggio ma anche di ripartenza, facendo leva sulla capacità di resilienza di questi soggetti e configurando quindi le garanzie come parte di quelle politiche mission-oriented ben esemplificate dal pnrr e che caratterizzeranno sempre lo sviluppo del Paese nei prossimi decenni.

Un secondo elemento di cambiamento strutturale riguarda la possibilità di estendere, grazie anche agli strumenti di garanzia, l’impatto generato dalle risorse finanziarie in ambito ambientale e sociale oltre il perimetro rappresentano dalle grandi imprese che hanno fin qui monopolizzato la definizione e l’implementazione di questi criteri.

L’adozione di certificazioni come gli Esg – indicatori di natura ambientale, sociale e legati alla governance d’impresa – rischia infatti di generare un nuovo divario tra imprese che saranno compliant rispetto ad essi ed altre, come le imprese di piccole dimensioni o del comparto sociale, che non avranno tutti i mezzi e la cultura necessaria per trasformarli in veri e propri strumenti di cambiamento organizzativo e di rilancio sul mercato.

Le garanzie, da questo punto di vista, possono quindi rappresentare un trampolino per il rilancio, a patto però che si metta in atto un terzo cruciale elemento ovvero il rafforzamento dei servizi non finanziari. Senza strategie e azioni di capacity building sul sistema imprenditoriale che beneficia delle garanzie è concreto il rischio che si manifestino i rischi di occultamento evidenziati in precedenza. Da questo punto di vista lo strumento del Pan-European Garantee Fund (Egf) gestito da Cgm Finance presenta caratteristiche assimilabili allo scenario appena descritto: si tratta di un plafond di 40 milioni dedicato ai soci di Cgm Finance, vale a dire imprese sociali e cooperative che consente al finanziatore una copertura del rischio pari al 70% del finanziamento erogato che non può essere superiore a 1 milione. La garanzia ha un costo pari allo 0,7% dell’importo garantito (a carico dell’istituto finanziario) con una significativa riduzione del costo finanziario (nell’ordine di 0.20-0.70 bps mediamente attorno agli 0.31 bps). I finanziamenti garantiti devono avere una durata minima di 3 mesi e massima di 60 mesi e sono escluse situazioni di evidente difficoltà dell’impresa oltre a settori che generano importanti esternalità negative a livello ambientale e sociale. Si tratta, in sintesi, di un nuovo strumento che amplia e qualifica un comparto, quello delle garanzie, che potrà sempre più “dire la sua” rispetto allo sviluppo del sistema imprenditoriale e sociale del nostro Paese.

Articolo di Francesco Abbà, Presidente di CGM Finance, e Flaviano Zandonai, Open Innovation Manager di Gruppo CGM, pubblicato su Economy Magazine .